Quello che stiamo facendo a questi animali è terribile,l’indifferenza che ci colpisce sul vivere quotidiano è spaventoso, si fanno ricerche per cose inutili. Mi domando perchè non possiamo condividere insieme una possibile soluzione. Madre Terra ci sta suggerendo qualcosa, cerchiamo ti capire questi martiri della natura. Con la loro morte ci stanno aiutando a domandarci delle cose. Non ci vuole molto, ma noi indifferenti, siamo solo preoccupati del costo del barile di petrolio, ogni giorno anche una piccola variazione viene scritta su milioni di giornali, pagine web, basterebbe fermarsi per un giorno in tutto il mondo per avere le risorse per risolvere milioni di cose. Io sono disposto a fermarmi…e voi? cF
Una vicenda veramente triste quella capitata sulla spiaggia di Stewart Island, in Nuova Zelanda, dove si sono arenate ben 107 balene, fatto questo che non può che sconvolgere e turbare profondamente le persone, soprattutto perché le autorità locali, a causa di una carenza di personale e attrezzature, non ha potuto altro che aiutare questi poveri animali a morire più in fretta, praticando l’eutanasia.
Una morte che, almeno per le 48 balene ancora vive al momento del ritrovamento, poteva essere evitata se ci fosse stata una preparazione maggiore, dal momento che fenomeni del genere non sono così rari.
Non resta che sperare che altre balene o altre specie non siano costrette a subire la stessa morte, dato che, molto probabilmente, questo non sarà l’ultimo caso, visto che il motivo che induce gli animali ad arenarsi non è ancora chiaro, anche se forse dovremmo chiederci se la causa non sia da ricercare nell’interferenza dell’uomo negli equilibri della natura.
Rigassificatore Olt: Greenpeace denuncia un “Complotto in alto mare”
FIRENZE. Greenpeace torna sul progetto del rigassificatore offshore della Olt previsto a largo delle coste livornesi-pisane (nel mezzo del Santuario dei Cetacei, a poca distanza dalle Secche della Meloria, Area marina protetta recentemente istituita) e richiama l’attenzione di ministero dell’Ambiente e della Regione Toscana. L’associazione ambientalista nel rapporto “Complotto in alto mare” svela quelli che ritiene essere i retroscena della vicenda.
«A quattro anni dall’autorizzazione dell’impianto – si legge – il ministero dell’Ambiente ha dato il via libera a nuove modifiche progettuali che potrebbero aggravare i rischi ambientali». Senza richiedere alcun ulteriore studio, informano da Greenpeace, la Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale ammette che non sarebbe stato valutato in maniera adeguata l’impatto che lo scarico di cloro e il rumore prodotto dall’impianto avranno sull’ambiente marino. «Ancora una volta gli interessi dell’industria calpestano la tutela ambientale – ha dichiarato Giorgia Monti, responsabile della campagna Mare di Greenpeace – Questo rigassificatore è un esperimento pericoloso in un Santuario che verte già in condizioni di grave degrado. Invece di proteggere balene e delfini come promesso, le istituzioni li stanno condannando a morte».
La Commissione tecnica afferma che ogni anno saranno sversati in mare 3,6 tonnellate di cloro (“particolare” che sarebbe stato ignorato nella Via del 2004) e questo per Greenpeace porterà alla formazione di composti organo-clorurati tossici, mutageni e non facilmente biodegradabili.
Poi c’è la questione del rumore in acqua prodotto dall’impianto, che potrebbe aumentare con lo spostamento di alcuni macchinari particolarmente rumorosi nello scafo della nave. Secondo la Commissione tecnica queste modifiche sarebbero compatibili con l’ambiente.
«E’ scandaloso che il ministero dell’Ambiente riconosca di non aver mai valutato questi impatti ambientali e, ciononostante, permetta di incrementarli. Invece di procedere a una razionale valutazione del rischio, il ministero preferisce nascondersi dietro la richiesta di monitoraggi successivi perfettamente inutili, visto che i cetacei scapperanno da un’area rumorosa e inquinata» ha concluso Monti.
In questo nuovo quadro Greenpeace chiede: «al Ministero dell’Ambiente di bloccare immediatamente la costruzione del rigassificatore off-shore; al Comitato scientifico e tecnico del Santuario di esprimere un parere vincolante sulla reale compatibilità di questo progetto con il futuro delle balene; alla Regione Toscana di intervenire in maniera concreta a tutela del Santuario come più volte promesso».
L’ultimo regalo di un animale
che l’uomo ha sempre sfruttato di Mario Tozzi
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Le ultime ore di Regina, avvistata ancora in vita, sono state le solite ore di angoscia dei cetacei che si spiaggiano: disorientamento, venire meno delle forze, impossibilità di nutrirsi e abbandono alla corrente che li sbatte sulla riva. E fa un po’ tenerezza vedere quelle centinaia di volontari che si prodigano per dare cure ai cetacei spiaggiati quando si sa bene che, al mondo, mai nessuno di quei mammiferi marini è ritornato al mare. Ma non sono infrequenti i cetacei in quel tratto di costa, se si pensa che nel 2007 ben tre balenottere incrociavano tranquille nella darsena di Portoferraio (all’Elba), ritrovando subito la strada verso il mare aperto. Ma la morte di Regina darà vita (per la prima volta senza l’uso di esplosivi) a un meccanismo straordinario, che si mette peraltro all’opera ogni volta che una balena muore e, dopo aver perso i primi gas, affonda naturalmente. Non sono poche: si calcola una ogni 5-15 km nelle aree in cui i mammiferi marini sono più abbondanti. Squali e altri pesci predano immediatamente la carcassa al ritmo impressionante di 50 kg di carne al giorno. Quello che resta viene attaccato da crostacei e molluschi e attorno fioriscono le più dense comunità di vermoni sottomarini (policheti) che si registrino al mondo: oltre 45.000 individui per metro quadrato. E ogni volta si scoprono specie nuove che campano spolpando ossa di balena. Dopo 12 mesi comincia un’altra storia: finite le carni, resta, tutto attorno allo scheletro (che in questo caso verrà recuperato, per ragioni scientifiche, dopo un anno e mezzo), una quantità di lipidi e olii la cui consumazione da parte di altri organismi libera zolfo grazie al quale prosperano altre comunità di viventi autonome e che non utilizzano ossigeno. Queste comunità solfodipendenti possono campare per cinquant’anni attorno ai resti della balena e poi spostarsi verso un altro affondamento. Una carcassa di balena è una risorsa energetica per il mare e le Whale Fall Communities una novità importante degli studi intorno ai cetacei, l’ultimo regalo di animali che gli uomini sfruttano dalla notte dei tempi e a cui non sono in grado di restituire nemmeno un po’ di rispetto. |
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