Sono pochi gli uomini veramente colti che sanno riconoscere i diversi stili oggi esistenti nel porgere concerti e registrazioni discografiche. Gli altri, praticoni usciti dalle file più basse delle orchestre, giornalisti pasticcioni, retori curiosamente impastati di materialismo e storicismo, si abbandonano alle panacee cucinate dalle case discografiche, cui solo ideale è spedire alle discariche le vecchie registrazioni, in nome della nuova verità disvelata e di quel misterioso raglio della “prassi esecutiva” che inebria i lettori di dépliant pubblicitari. Crollono cosi le rare difese che queste musiche (barocche) avevano in se stesse, i pochi vigorosi divieti che i grandi opposero alla mercificazione, abituale anche ai tempi loro. La cosiddetta “prassi esecutiva”, imperante nei bassi strati delle fanterie strumentali e critiche, travolge argini e steccati. La morte di Karl Richter ha dato alla protezione della cosiddetta “musica barocca” il colpo fatale. Quando Arcangelo Corelli in una delle rarissime sue prescrizioni autografe, fulmina il “Come sta” che trovi in testa a questo o quello dei suoi movimenti lenti, vuol intimare: << So bene, cialtrone, che tu, come gli altri mestieranti tuoi pari, avete l’abitudine di trasformare questi miei lunghi solenni accordi in depositi delle vostre estemporanee porcherie, dei vomitevoli capricci che, impotenti come siete, escogitate a spese di noi creatori. Questo mio “Come sta” vuol dire: alzate i tacchi dalle mie pagine, andate a scacazzare in altri luoghi>>. Dove si conferma, è vero, la storicità delle <<prassi>> ma in quanto vizi, abusi di vanità, pigrizia, parassitismo. Ma se Sebastian Bach si fidò dei suonatori, che non stimava, e la prova il fatto che scrisse accuratamente tutti i trilli, i mordenti, i gruppetti; occupò tutti gli spazi vuoti affinché i parassiti non vi deponessero le sconcezze loro. Una trentina d’anni azzardai una profezia: l’ossessione infantile di riprodurre le circostanze identiche dell’esecuzione avrebbero messo sul podi e agli strumenti direttori sordi e strumentisti cechi, pilotando un drappello di strumenti originali scordati, offrisse, finalmente l’autentica esecuzione perfetta d’epoca. Non mi sono sbagliato, e non potevo immaginare che la nuova moda avrebbe bandito qualsiasi riferimento o menzione delle sordità quale quantitè nègligeable e reperto di cattivo gusto in forte sospetto di retorica sentimentale. Si avvera, invece, quelle freddure quelle ipotesi assurde che Furtwängler elencava tra i mostri e gl’incubi partoriti dal malumore. Quando profetai << un giorno arriveranno a Brahms>> credevo di sparare un paradosso. Ci sono arrivati, e sotto i nostri occhi celebrano le sale e teatri quei saturnali di materialismo e storicismo che, non esisterà mai, perché esigerebbe il ripristino non solo delle condizioni materiali come strumenti, parti, controverse e incerte abitudini, ma il ritorno della mentalità del pubblico di allora, le sue attese, il suo orecchio armonico e tonale, il suo apprezzamento degli accordi: basti, per tutti gli esempi, la settima di sensibile, ch’era a quel tempo motivo di sensazione e magari irritazione e oggi non produce più emozione di una gomma da masticare. Il timore che provavo ancora trenta anni fa, di un futuro esecutivo ribollente di fisime e risse, il bailame di convenzioni in conflitto, è arrivato e ci attornia. Le prodezze di Brüggen, Harnocourt, Gardiner, degli italiani Biondi, Alessandrini, Sardelli, si adornano d’ingiallite fronde. Dietro la lebbra, la noia. Eppure aumenta l’appetito, di sempre nuove prede fa strage. Alle balle raccontate da mediocri musicisti, passati <<all’antico non per etica, ma per scarse doti strumentali>> possiamo solo arrenderci, e sperare che l’ignoranza che regna negli ascoltatori, prima o poi si trasformi in noia, sbadiglio, e se preferite in un rutto liberatorio, ridateci Battisti o De Andrè per tornare a sognare…
Il rutto barocco….una prassi poco ortodossa.
giugno 19, 2015 di claudio ferrarini
Il rutto barocco….una prassi poco ortodossa.
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